Citazione consigliata
Miatello, Claudia. “Dolore, bellezza e lo spirito dell’aggiornamento.” Bibliosofia e Arte: What an Extraordinary Life, Claudia Miatello, Toronto, ON, 2025. https://whatanextraordinarylife.com/blogs/bibliosofia-arte/suffering-beauty-and-the-spirit-of-aggiornamento/
Al cuore dell’aggiornamento italiano
[1] Alla fine del mio saggio “Aggiornamento in Italo Calvino e Jacques Tati”, ho suggerito che forse l’aggiornamento italiano non consiste nel risolvere la tensione tra il vecchio e il nuovo, ma nell’accettarla, senza permettere che tale tensione offuschi le qualità che rendono la vita significativa.
[2] Da allora mi sono chiesta: come sono arrivata a intendere l’aggiornamento in questo modo? Vivere dentro la tensione è solo una mia percezione, o risuona qualcosa di più profondo nella cultura italiana? Forse entrambe le cose. Vorrei partire dalla mia esperienza personale – da come ho visto alcuni italiani muoversi con grazia in un mondo in cambiamento – e poi esplorare come questa sensibilità si rifletta più ampiamente nella cultura italiana: nella letteratura e nel cinema, nell’umanesimo rinascimentale e persino nella teologia.
Un modo d’essere
[3] Attraverso la mia esperienza con familiari e amici a Firenze, ho percepito un atteggiamento silenziosamente filosofico verso la vita. Di fronte a tensioni senza una soluzione chiara, non cercano di forzarne la risoluzione: vivono dentro la tensione stessa, contrapponendo il dolore alla bellezza (dolore con bellezza) e la tragedia alla commedia (tragedia con commedia). Lasciando che questi opposti coesistano – persino dipendano l’uno dall’altro – resistono alla superficialità attraverso la sofferenza e, volgendo lo sguardo alla bellezza, evitano la disperazione.
[4] A volte, per esempio, il modo in cui reagiscono alle difficoltà è così inaspettatamente spiritoso da disarmarti con dolcezza. Una volta, quando ero agitata dall’ansia e dalle preoccupazioni, una delle mie zie mi disse con calore: «Oh, ma allora sei viva!» L’ansia, dopotutto, è anch’essa una prova che la vita continua a scorrere dentro di noi. Un’altra volta, quando si ruppe un oggetto a cui mio zio era affezionato, dopo un momento di delusione disse con rassegnazione e una punta di ironia comica: «Beh, vedi il lato positivo: adesso finalmente possiamo buttare quella schifezza.»
[5] Anche il disagio può essere consolato dalla bellezza. Ricordo un’estate a Castiglione della Pescaia, quando da adolescente risalivo la collina dalla spiaggia al nostro appartamento sotto un sole cocente. Accaldata e stanca, cominciai a lamentarmi, e mia cugina, con semplicità e saggezza, mi disse: «Goditi il sole adesso, che tra due mesi starai camminando nella neve per andare a fare un compito di matematica.» Il caldo rimaneva insopportabile, ma i raggi del sole mi parvero diversi. La bellezza dell’oggi va gustata, anche se fa caldo e sono stanca. Il futuro potrà essere difficile, ma oggi c’è il sole.
[6] Una frase che sentivo spesso, come un motto sommesso della vita, era: «Coraggio! Vedrai che passa.» Accettando le tensioni dell’esistenza invece di fuggirle, i miei parenti in Italia sembrano vivere con una profondità maggiore.
[7] Questa poetica convivenza degli opposti si intreccia anche nella letteratura italiana, nel cinema e persino nei piccoli momenti della vita quotidiana in Italia.*
Espressioni culturali
Nella letteratura
[8] In letteratura, autori come Luigi Pirandello intrecciano le tragedie dell’esistenza con l’umorismo, mentre Italo Calvino infonde nella scrittura un realismo magico che sfuma i confini tra realtà, meraviglia e bellezza. Nel Racconti Romani di Alberto Moravia, la sofferenza è quella della vita quotidiana: un matrimonio infelice, la disoccupazione e l’impotenza di chi si sente disilluso da occasioni perdute. Eppure, la bellezza si ritrova anche nella testarda tenacia dei suoi personaggi, che continuano a tentare, nonostante tutto sembri congiurare contro di loro.
Nel cinema
[9] Nel cinema, Ladri di biciclette di Vittorio De Sica rappresenta con tenerezza l’ingiustizia e la lotta dei poveri, mentre Dino Risi, in Il Sorpasso, contrappone al vuoto e alla malinconia del boom economico la leggerezza della commedia. La coesistenza di una profonda sofferenza e di una tenerezza estrema raggiunge la sua espressione più viva in La vita è bella di Roberto Benigni.
Nella vita quotidiana
[10] Anche nella vita di tutti i giorni in Italia, la tensione visiva tra passato e presente è onnipresente: una Vespa parcheggiata accanto a una fontana antica; un caffè moderno costruito su un pavimento di marmo del Settecento; una cucina minimalista inserita in un appartamento di un palazzo antico e ornato. Nella lingua, espressioni latine continuano a riaffiorare nel parlare comune – frasi come in vino veritas o carpe diem compaiono spesso nelle conversazioni più spontanee. Anche a tavola, piatti di origini umili, radicati nella tradizione contadina toscana, come la panzanella, sono celebrati con lo stesso rispetto riservato ai cibi più sontuosi e festivi, come la bistecca alla fiorentina.
Il prezzo della modernizzazione
[11] Naturalmente, non tutti in Italia riescono a vivere secondo questo equilibrio. Nel contesto della modernizzazione, l’aggiornamento può sembrare qualcosa di imposto più che scelto, spesso accompagnato dalla dolorosa perdita di tradizioni e identità. In questi casi, non esiste più una tensione da accogliere tra antico e moderno, perché la tradizione è stata cancellata dalla modernità. Ad esempio, molti prodotti artigianali italiani sono stati sostituiti da beni di produzione industriale, modellati da una cultura globale. La sofferenza, in tali circostanze, assume un tono di irrevocabilità che non può essere semplicemente addolcito dalla bellezza né alleggerito dalla comicità.
[12] Eppure, a volte, questa tensione tra passato e presente sembra riaffermarsi spontaneamente. Quando, durante una ristrutturazione, venne alla luce un affresco nascosto nelle pareti dell’appartamento di mia prozia in via della Pergola, nel centro di Firenze, i lavori si fermarono. Quella pausa divenne un momento di reverenza. Così, benché il mondo moderno tenda spesso a cancellare il passato, vi sono ancora momenti in cui è la tradizione stessa a richiamare all’ordine la modernità.
Echi del pensiero rinascimentale
[13] Questo modo di accogliere la contraddizione fa parte anche di una tradizione italiana più profonda, che affonda le sue radici nell’umanesimo rinascimentale. Gli umanisti seppero rispettare sia l’antichità classica sia la teologia cristiana, il secolare e il sacro – spesso mantenendo insieme posizioni opposte come fonte di intuizione creativa e spirituale. Petrarca, padre dell’umanesimo, visse proprio questa tensione: da un lato il suo amore per l’antichità, dall’altro la sua devozione alla spiritualità cristiana. La sua opera Secretum fu il tentativo di conciliare il desiderio di gloria terrena e di fama letteraria con la dedizione alle cose eterne.
L’aggiornamento nella teologia
[14] Infine, questa disposizione culturale a tenere insieme gli opposti sembra aver plasmato anche l’immaginazione teologica della Chiesa, in modo particolare durante il Concilio Vaticano II. La Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et Spes, sembra non solo riecheggiare l’istinto culturale italiano che ho descritto, ma tradurlo in una visione teologica. Nel paragrafo 4, il Concilio si dedica a «scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo». Ne emerge un “disequilibrio radicato nel cuore dell’uomo” (G&S 10) che riflette il paradosso stesso della condizione umana: ci esaltiamo e ci avvilamo fino alla disperazione (12); siamo chiamati alla grandezza e tuttavia immersi nella miseria (13); ci sentiamo sconfinati, eppure restiamo limitati (9). Invece di risolvere o eliminare queste tensioni, la Chiesa, attraverso il Concilio, le ha accolte. Ha dato loro un significato, offrendosi di accompagnare l’umanità dentro questa tensione – aiutando ciascuno a trovare senso nella contraddizione, bellezza nella sofferenza, e una via da seguire che non rifiuti il passato, ma lo rinnovi dall’interno.
Trovare la pace nello spazio tra gli opposti
[15] Il cuore dell’aggiornamento italiano sembra consistere meno nel risolvere la tensione tra il vecchio e il nuovo, e più nell’accoglierla. Il fondamento di questo atteggiamento nasce da una profonda filosofia dell’equilibrio nella vita: contrapporre il dolore alla bellezza e la tragedia alla commedia. Questa filosofia sembra riflettersi anche nella cultura italiana – nella letteratura, nel cinema e nella vita quotidiana – e persino aver influenzato l’immaginazione teologica della Chiesa durante il Concilio Vaticano II. In definitiva, questo modo di vivere la tensione – tra il doloroso e il bello, tra il tragico e il comico – ci aiuta a vivere più pienamente, in una dimensione in cui la sofferenza ci preserva dalla superficialità e la bellezza ci protegge dalla disperazione.
[16] Forse, più di ogni altra cosa, credo che la pace interiore si trovi proprio in quello spazio tra gli opposti. La pace interiore non nasce dall’evitare o dall’eliminare le contraddizioni, ma dall’accettarle: è lì, nel cuore della tensione, che la si scopre.
[17] Forse è ciò a cui alludeva Agostino nella Città di Dio, quando definiva la pace tranquillitas ordinis – la tranquillità dell’ordine – uno stato di pienezza, di armonia con tutte le cose dell’ordine creato. O forse assomiglia all’antica idea della via media – la “via di mezzo” tra gli estremi – non come compromesso, ma come forma di saggezza.
[18] Forse questa pace trovata dentro la tensione è ciò che incarna il mio personaggio poetico, Fioravante. Egli non cerca di risolvere la tensione che avverte tra il tradizionale e il moderno, né vi si sottrae. Si muove piuttosto con dolcezza al suo interno – godendo ciò che è antico, osservando ciò che è nuovo, e cercando di comprendere come le due dimensioni possano convivere.
[19] E forse, in questo, è vero ciò che la mia amica Paola ha detto di lui: «[Fioravante] non è strano, non è lento, non è ingenuo – è in pace». Ma questo, forse, sarà l’argomento di un prossimo articolo.
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Nota finale
[20] È importante precisare che non potrei mai pretendere di cogliere o rappresentare l’intera Italia.
Il Paese è straordinariamente vario: esistono differenze profonde tra Nord e Sud, tra città e campagna, e fra le diverse generazioni.
Il mio intento è piuttosto quello di condividere una sensibilità che ho osservato in contesti specifici, di descrivere un modo di sentire che – pur non essendo universalmente condiviso – continua a sembrarmi profondamente italiano.
Opere citate
Concilio Vaticano II. Gaudium et spes [Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo].
7 dicembre 1965. https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_en.html
Commenti (3)
Dopo averlo letto mi è venuta voglia di fare due cose: cucinare la panzanella e poi guardare fuori dalla finestra, rivalutando le mie crisi esistenziali. Scherzi a parte, questo testo mi ha toccato. È italiano, sì – ma è anche profondamente tuo. Brava, davvero
Mi hai commossa. Hai scritto con il cuore in mano, e si sente. È come stare seduti a tavola con te mentre racconti. Bellissimo 💗✨
Hai toccato un punto importante — e poco trattato.
Anche se aggiornamento è una delle parole chiave del Concilio Vaticano II, raramente viene analizzata nel suo contesto culturale italiano.
Nella letteratura teologica, viene spesso tradotto come «renewal» o «bringing up to date» — oppure semplificato come apertura alla modernità. Ma pochi si chiedono cosa significasse davvero quella parola per Papa Giovanni XXIII, un uomo cresciuto in una cultura italiana, rurale, cattolica e umanistica.
Tu fai qualcosa che manca: recuperi il senso italiano del termine. Parti dall’esperienza quotidiana — la casa, il cibo, le espressioni familiari — e da lì metti in luce una sensibilità tipicamente italiana, che sa vivere nel presente senza distruggere il passato.
Una riflessione bella, originale e profondamente necessaria. Complimenti sinceri.