In precedenza, ho accennato a due aspetti profondamente radicati nella cultura italiana che sembrano aver plasmato il Concilio Vaticano II: la nozione di aggiornamento e l’Umanesimo rinascimentale. Dopo aver già esplorato il termine italiano aggiornamento, volgiamo ora l’attenzione all’influenza dell’Umanesimo rinascimentale italiano sui documenti conciliari.
“Il mezzo è il messaggio.”
- Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare (1964)
LINGUAGGIO
[1] Il Concilio Vaticano II segnò una svolta nella storia della Chiesa. Mentre i concili precedenti erano stati plasmati dal rigido scolasticismo, l’approccio del Vaticano II fu pastorale, eloquente e accogliente. Il suo linguaggio riecheggiava l’eloquenza del Rinascimento italiano, quando gli umanisti credevano che la verità fosse più persuasiva quando espressa attraverso la bellezza. In questo si rivelò un modo grazioso in cui la cultura italiana influenzò il Vaticano II.
UMANESIMO RINASCIMENTALE
[2] Ispirati dal filosofo romano Cicerone e dalla sua visione del compito dell’oratore – insegnare (docere), dilettare (delectare) e commuovere (movere) – gli umanisti italiani, come Petrarca e Salutati, riscoprirono questa triade, unendo ratio et eloquentia: la ragione alla grazia della retorica classica.
[3] Al centro del linguaggio poetico del Rinascimento vi era una convinzione filosofica: che la verità trovasse la sua espressione naturale nell’eloquenza, e che l’armonia tra verità e bellezza fosse necessaria per servire l’umanità (Petrarca 15–17). Quando la verità è espressa senza bellezza, perde la sua forza persuasiva; e la bellezza, senza verità, perde la sua forza morale (Salutati 26).
IL CONCILIO VATICANO II
[4] Secoli dopo, Il Concilio Vaticano II sembrò rinnovare l’eloquenza umanistica del Rinascimento. In continuità con quella tradizione, il messaggio del Concilio risiedeva non solo in ciò che diceva, ma nel modo in cui lo diceva. Non si limitava a descrivere un’idea: la metteva in atto. Scrivendo con un tono pastorale, invitante e persuasivo, il rinnovamento del Concilio si espresse tanto attraverso questa eloquenza umanistica quanto attraverso la sua teologia.*
MARSHALL MCLUHAN
[5] Il filosofo canadese Marshall McLuhan – spesso considerato il padre degli studi sui media per il suo lavoro sull’influenza dei mezzi di comunicazione sul pensiero umano – riprese questa idea: che contenuto e forma sono inseparabili, quando affermò: «Il mezzo è il messaggio.»
Egli spiegò che la forma della comunicazione è essenziale, poiché crea le condizioni in cui il contenuto viene percepito e riceve significato (McLuhan 3).
Scrisse infatti: “La luce elettrica sfugge all’attenzione come mezzo di comunicazione proprio perché non ha ‘contenuto’… Solo quando viene usata per scrivere il nome di una marca la si nota come medium.” (McLuhan 5)
RESPONSABILITÀ MORALE DEL MEZZO
[6] Riprendendo il pensiero degli umanisti del Rinascimento, McLuhan credeva che comunicare attraverso un determinato mezzo comportasse una responsabilità etica, poiché il mezzo esercita un’influenza silenziosa ma potente sulle persone. Ciò che spesso passa inosservato, avverte McLuhan, è il modo in cui il mezzo stesso plasma il pensiero e il comportamento umano . (McLuhan 3)
Egli spiega che la stampa creò individualismo e nazionalismo nel XVI secolo non per il contenuto di un singolo libro, ma perché cambiò il modo in cui le idee potevano circolare (McLuhan 11). La ferrovia, allo stesso modo, generò nuovi tipi di città, di lavoro e di tempo libero, indipendentemente dal clima o dal tipo di merce trasportata (McLuhan 3).
DOMANDE
[7] Applicando questa filosofia al Vaticano II, possiamo vedere che il suo linguaggio non fu semplicemente un veicolo della dottrina – fu esso stesso il messaggio. La forma pastorale della sua espressione – il tono, il ritmo e lo stile – era inseparabile dal contenuto e modellò il modo in cui la Chiesa incontrò il mondo moderno.
[8a] Ma come?
[8b] Quale carica subliminale ebbe questo linguaggio pastorale sulle persone?
[8c] Qual era la magia di questo particolare medium?
[8d] Quale schema, quale ritmo interno, riorganizzò la percezione?
[9] Queste domande vanno oltre la teologia, entrando nel campo della comunicazione e della cultura – domande che chiedono non solo che cosa disse il Concilio, ma come la forma stessa del suo linguaggio invitò al rinnovamento.
PERCHÉ IL MEZZO CONTA
[10] Molti studi sono stati condotti sull’impatto del contenuto dei documenti conciliari nel mondo. Ma pochi hanno esplorato l’impatto del mezzo stesso – del suo linguaggio – sull’immaginazione cristiana. Sarebbe interessante ascoltare come oggi uno studioso di comunicazione, insieme a un teologo, potrebbe affrontare le domande sopra formulate.
[11] Chiunque studi o insegni il Vaticano II potrebbe considerare non solo il contenuto dei documenti, ma anche il linguaggio come parte del messaggio stesso del Concilio – per comprendere pienamente la profondità del suo significato e l’effetto trasformativo, se ve ne fu, della sua particolare forma di espressione sulla Chiesa e sul mondo.
[12] A mio avviso, il linguaggio del Concilio Vaticano II riflette la convinzione tutta italiana, radicata nell’umanesimo rinascimentale, che l’eloquenza e la verità siano inseparabili, che la bellezza stessa possa essere una forma di verità, e che in modo in cui parliamo possa dare forma alla fede. Forse, se provassimo a rispondere alle domande sopra formulate guardando al linguaggio degli umanisti del Rinascimento, troveremmo la chiave per comprendere la voce del Vaticano II: esso non inventò un nuovo mezzo, ma ne rinnovò uno antico.
*Per cogliere questa continuità tra l’eloquenza rinascimentale e il Vaticano II, si possono trovare molti esempi della triade classica di Cicerone nel linguaggio delle Costituzioni conciliari. (Ad esempio, il Concilio insegna in Dei Verbum § 8, diletta in Lumen Gentium §1, e commuove in Gaudium et Spes §12.)
Opere citate
Dei Verbum. Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione. Concilio Vaticano II, 18 nov. 1965. Vatican.va, Santa Sede,
Lumen Gentium. Costituzione dogmatica sulla Chiesa. Concilio Vaticano II, 21 nov. 1964. Vatican.va, Santa Sede,
Gaudium et Spes. Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Concilio Vaticano II, 7 dic. 1965. Vatican.va, Santa Sede,
McLuhan, Marshall. Understanding Media: The Extensions of Man. 1964. Gingko Press, 2013.
Petrarca, Francesco. “Lettera a Tommaso da Messina, sullo studio dell’eloquenza.” In Renaissance Debates on Rhetoric, a cura e traduzione di Wayne A. Rebhorn, Cornell University Press, 2019, pp. 14–17.
Salutati, Coluccio. “Sull’eloquenza di Petrarca.” In Renaissance Debates on Rhetoric, a cura e traduzione di Wayne A. Rebhorn, Cornell University Press, 2019, pp. 18–26.
Citazione consigliata
Miatello, Claudia. “Il linguaggio dell’Umanesimo Rinascimentale e del Concilio Vaticano II.” Bibliosofia e Arte, What An Extraordinary Life. Toronto, ON: Claudia Miatello, 2025. https://whatanextraordinarylife.com/it/blogs/bibliosofia-arte/the-language-of-renaissance-humanism-and-vatican-ii. <pagina>
Commenti (3)
È interessante perché già durante il Rinascimento la Chiesa aveva un rapporto complesso con l’umanesimo. Alcune figure ecclesiastiche, che erano anche grandi mecenati delle arti, lo abbracciarono (come Papa Pio II e Leone X), mentre altre temevano che potesse portare a una deriva secolarista.
Con il Concilio Vaticano II, però, la Chiesa si era ormai in gran parte riconciliata con l’umanesimo, soprattutto attraverso il concetto di umanesimo cristiano, cioè la convinzione che in Cristo si riveli la verità più piena sull’uomo. Si può dire, quindi, che l’influenza dell’umanesimo rinascimentale sul Vaticano II sia stata percepita come un compimento, o meglio come un recupero di ciò che c’era di più autentico in quella tradizione: la dignità, la libertà e l’intelligenza creativa della persona umana, creata a immagine di Dio.
In effetti, nel 1967 Paolo VI usò esplicitamente il termine «vero umanesimo» nella sua enciclica Populorum Progressio, che in un certo senso «battezzò» gli ideali dell’umanesimo rinascimentale, mostrando la loro sorgente ultima nell’Incarnazione. Il Concilio, e anche il periodo immediatamente successivo, sembrano dunque aperti al linguaggio e alle idee dell’umanesimo rinascimentale, non come prestiti secolari, ma come ideali cristianamente rinnovati.
Do you know what else would be interesting as a study on how Italian culture shaped Vatican II? To study the influence of Italian journalism and media in the 1960s that covered the Council – and how they shaped public perception in Italy and globally. This could be explored through the lens of Marshall McLuhan’s idea that “the medium is the message”. How did the Italian media transmit, filter, and (re)interpret VII through Italy’s modern communicative lens? And what influence might this have had on the public’s understanding and / or faith?
So thoughtfully written! McLuhan’s thoughts are so well applied here! It makes you think about the mediums of communication used in the modern day and how they affect us today.